- Il caso
- La sentenza
Il caso
Si era rivolto al nostro studio legale un lavoratore della provincia di Macerata che al termine del rapporto di lavoro aveva ricevuto una richiesta di pagamento da parte dell’ex datore di lavoro. Per la società l’ex dipendente stava lavorando per una diretta concorrente, in esplicita violazione del patto di non concorrenza sottoscritto.
L’ex datore di lavoro, una grande società con sede a Milano, aveva poi presentato ricorso al Giudice del Lavoro di Milano per vedere accertato la violazione del patto di non concorrenza, con pagamento della penale e l’inibizione a svolgere attività lavorativa concorrente.
Il lavoratore si è difeso e costituito in giudizio con l’avv. Paolini.
Avevo parlato del patto di non concorrenza nell’articolo al link qui sotto
Il patto di non concorrenza è nullo se il corrispettivo non è fisso?
La sentenza
Con sentenza n. 1628/2025, pubblicata il 7 aprile 2025, il Tribunale di Milano, sezione Lavoro, ha accolto le difese presentate dall’avv. Paolini per il suo assistito contro la società ex datrice di lavoro.
L’avv. Paolini ha sostenuto in giudizio che il patto di non concorrenza sottoscritto dal sig. S.G. era nullo perché indeterminato nel suo ammontare.
Il patto di non concorrenza prevedeva il pagamento di un corrispettivo in misura fissa, su base annua, da erogarsi in corso e durante il rapporto di lavoro, senza previa determinazione/determinabilità della durata del tempo della erogazione, poiché la durata del rapporto di lavoro era incerta al momento della stipula, in quanto il lavoratore era assunto a tempo indeterminato.
Il Tribunale di Milano ha statuito che “in forza del patto ha assunto un vincolo per il periodo di dodici mesi, non è stato posto nelle condizioni di conoscere, all’atto della sottoscrizione, quale sarebbe stato il corrispettivo la cui entità, infatti, dipendeva dalla durata del rapporto. Tale pattuizione ha impedito alle parti, meglio al dipendente le sue legittime valutazioni e lo ha esposto al rischio che, un anticipato recesso del datore di lavoro gli offrisse un compenso irrisorio a fronte di un vincolo che, invece, sarebbe, comunque durato per 12 mesi, oltre la cessazione del rapporto”.
La sentenza ha così aderito alla tesi e alle conclusioni dell’avv. Paolini che sosteneva che il patto di non concorrenza fosse nullo e che il lavoratore non fosse tenuto a pagare la penale né a rispettare l’inibitoria.
Scritto e pubblicato da avv. Michela Paolini | 7 maggio 2025